IMPRENDITORI E CONSULENTI AZIENDALI: UN INCONTRO IMPORTANTE

Vi sono, nella vita delle persone, incontri casuali che non danno luogo a degli sviluppi tali da poter costruire un rapporto fondato sulla reciproca fiducia, su obiettivi comuni, su auspicabili risultati positivi per entrambe le parti. Le giornate di ciascuno di noi sono dense di tali incontri: al bar, al circolo, nei luoghi più disparati. Generalmente non è così fortuito il primo approccio fra un imprenditore e un professionista che opera nel campo della consulenza aziendale. Esso è, al contrario, cercato e ha come piattaforma un interesse comune.

L’imprenditore, piccolo o medio, comunque dotato di lungimiranza, sollecita tale opportunità. Egli è consapevole dell’utilità, se non proprio della necessita, di avere al proprio fianco una persona dotata di conoscenze in campo aziendale, pronta a rispondere ad ogni quesito postole, trovare soluzioni, proporre possibili alternative.

L’azienda – che si compone di una pluralità di beni organizzati dall’imprenditore in funzione dell’esercizio dell’impresa – si presenta come una struttura complessa in cui la sola presenza dell’imprenditore non soddisfa totalmente, la corretta «organizzazione dei beni aziendali». Occorre, che egli si doti di collaboratori, a vario livello professionale, in grado di provvedere alla produzione e/o allo scambio di beni o servizi. Detti collaboratori (cui il codice civile dedica alcune norme) possono essere – com’è noto – subordinati o dotati di autonomia decisionale. Fra quest’ultimi vi rientra la figura del consulente aziendale (invero non previsto dal nominato codice), soggetto esterno all’azienda, con il quale l’imprenditore instaura un rapporto professionale.

Incontro importante, denso di reciproco interesse, come si è detto sopra. Vediamone il perché. La professionalità del consulente aziendale abbraccia aree precise: «amministrativa», «economica», «finanziaria» e «giuridica»: conoscenze indefettibili per concepire e organizzare i piani strategici dell’impresa. In campo amministrativo il consulente deve essere in grado di esprimere pareri, mai vincolanti, su talune questioni che gli vengono sottoposte. In quello giuridico, deve illuminare costantemente l’imprenditore e il management sulle norme che regolano il settore di appartenenza dell’azienda. Un particolare rilievo hanno la strategia economica e quella finanziaria: la prima che mira all’aumento dei processi produttivi e con essi all’incremento degli utili; la secondo è di supporto all’imprenditore nella soluzione del problema dell’approvvigionamento delle necessarie risorse finanziarie senza le quali nessun piano aziendale è facilmente realizzabile. La sua competenza non si arresta a tali importanti aspetti che incidono complessivamente sulle potenzialità produttive dell’impresa, va oltre e si manifesta come conoscenza, sul piano psicologico, delle esigenze dell’imprenditore. Sicché il consulente deve possedere quella che, comunemente, viene definita  «capacità di ascolto», ponendosi, in questa veste, come parte critica quando si passa al dialogo fra il professionista, da una parte, e l’imprenditore o il management dell’azienda, dall’altra. Ascoltare; chiedere, quando occorre, i dettagli della questione; capire in fondo il problema; e poi, in ultima analisi, suggerire una o più soluzioni. C’è però da sottolineare, a tale proposito, che non sempre l’imprenditore ha le idee chiare sui programmi che vorrebbe realizzar, e quando le ha, spesso trova difficoltà ad orientarsi verso scelte alternative; e allora il compito del consulente diventa arduo perché egli deve essere dotato di un’attitudine a rendere chiari «concetti» che la scienza aziendalistica racchiude, e abilità a convincere l’interlocutore della bontà delle strategie consigliate per raggiungere il fine. Insomma, l’idea di chi sta al vertice dell’azienda, per prendere corpo e diventare realtà tangibile necessita di un professionista avveduto, che sappia percorrere le strade meno tortuose e, in ogni caso, superare gli ostacoli che si frappongono lungo il cammino.

Il lettore si chiederà, a questo punto, dov’è avvertibile la ratio degli«obiettivi comuni», e dei «risultati positivi per entrambe le parti», enunciati in apertura di questo scritto; in che cosa consiste l’interesse del consulente a raggiungerli? Tralasciamo l’etica professionale, la quale ha pur sempre un ruolo importante nel costituendo rapporto con l’imprenditore, e soffermiamoci sui fatti e atti concreti che egli è chiamato a compiere. Il consulente aziendale - che seriamente e lealmente occupa la posizione di collaboratore sia pure esterno dell’azienda, la quale gli riconosce il giusto onorario pattuito - non può sentirsi estraneo ad essa, ma ne deve vivere tutte le vicende al pari del’imprenditore. Dunque, il professionista ne è pienamente coinvolto e corresponsabile dei risultati conseguiti.

E allora, ben venga un incontro

Aprile 2016                                                                                       dott. Pietro Fulciniti

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