FASE 3: LA RINASCITA DEL PAESE
Da alcuni mesi, precisamente da quando si è manifestato in Italia il Coronavirus, quale titolare di questo Studio ho cominciato, con maggiore frequenza, a «dialogare» a distanza con i numerosi visitatori del portale. La spinta decisiva di ciò è da ricercare, in primis, nel sentito bisogno di stare virtualmente vicino agli imprenditori colpiti economicamente, e non solo, dalla devastante epidemia. Gli argomenti trattati sono stati, prevalentemente, riconducibili alle misure economiche adottate dal governo per dare «ossigeno» alle aziende, tutte in sofferenza. Al di là delle polemiche suscitate e delle lamentele circa la lentezza nell'erogazione dei finanziamenti stanziati, ho ritenuto doveroso sottolineare la grande occasione per far ripartire l'economia del Paese. La vicinanza mi ha indotto a compiere atti concreti verso quelle aziende che con fiducia, ricambiata, mi hanno chiesto un contributo professionale prestando loro consulenza ed assistenza, compensata con il pagamento dell'onorario dopo il raggiungimento del fine per il quale ero stato incaricato. E' con sommo piacere che continua il dialogo, quasi quotidiano, con gli imprenditori sollecitandoli a rivolgersi a questo Studio per ogni problematica che dovesse insorgere in seno alle loro aziende foriera di danni alla produzione. E veniamo al presente.
La cosiddetta «Fase 3», iniziata il 3 giugno sotto l'auspicio di una cambiamento dei rapporti sociali, mi ha spinto anche ad una riflessione che ha la sua matrice in tre affermazioni: la prima del nostro presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, il quale solennemente ha dichiarato che «C'è qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite. Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l'unità morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l'uno dell'altro»; la seconda del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, convinto del fatto che per superare il Covid-19 sia necessario stipulare un nuovo «contratto sociale» le cui parti siano il governo, l'impresa e la società civile; la terza del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che con una forte dose di realismo parla dell'importanza di come saranno spesi i fondi europei, da cui «dipenderà la credibilità dell'Italia» e di «responsabilità dell'impresa».
Ecco, l'impresa! Quali compiti essa ha nella crescita, prima morale, e poi economica dell'Italia? In particolare le PMI sapranno vedere nella crisi che ne ha condizionato l'esistenza l'opportunità di sfruttare la mole di risorse che l'Europa ha messo e di più metterà al servizio della nostra economia?
Bisogna ricordare che l'Italia conobbe altre devastanti crisi morali ed economiche: una per tutte quella manifestatasi dopo il secondo conflitto mondiale: morte e distruzione sembrava che avessero annientato ogni futuro; invece la forza morale del suo popolo, i cospicui aiuti finanziari e le energie degli imprenditori e dei lavoratori hanno creato il «miracolo economico» che tutti sappiamo. Dunque quale deve essere il ruolo che deve giocare l'imprenditore nel periodo post-pandemico?
Da anni questo Studio sostiene fortemente la necessità degli investimenti privati. Essi postulano la messa a disposizione delle imprese, soprattutto di quelle piccole, delle risorse finanziarie da parte della «mano pubblica». Nonostante le attuali incertezze, ritengo utile cominciare a pianificare gli scenari del futuro prossimo, principalmente da parte delle aziende virtuose. Più volte ho stimolato la piccola e media imprenditoria ad essere lungimirante, a concepire l'investimento in funzione dell'incremento degli utili che garantiscono benessere economico sia all'imprenditore sia ai dipendenti, creando un circolo virtuoso teso a stimolare la domanda, fonte di nuovi utili (mutatis mutandisi sarebbe il risultato della «teoria del moltiplicatore» di leynesiana memoria )
Orbene, quale occasione migliore – alla luce delle scelte operate dall'Unione europea di erogare finanziamenti, anche a fondo perduto - per progettare investimenti in tutti i settori, alcuni dei quali strategici (consulenza, formazione, acquisto di tecnologia digitale). L'attenzione delle istituzioni comunitarie e nazionali è particolarmente rivola alle PMI italiane, che nei Paesi dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo Economico (OCSE), rappresentano la maggioranza delle imprese, del valore aggiunto (66,9% rispetto alla media dell'Ue del 56,4%), e dell'occupazione (78,1%, superiore a quella dell Ue che arriva al 66,6%): imprese che però hanno avuto in passato meno accesso ai capitali, hanno maggiormente risentito della crisi provocata dal Covid-19, sono più esposte al fallimento.
dott. Pietro Fulciniti
giugno 2020